L’ECO DI DON BOSCO N. 10/2021 – ANNO CIV

L’ECO DI DON BOSCO N. 10/2021 – ANNO CIV

L’ Oratorio Don Bosco

Ospizio, Oratorio, Parrocchia: sono i tre pilastri della presenza salesiana a Sampierdarena … L’Oratorio è l’opera più viva, più bella, l’opera primogenita di Don Bosco. A Sampierdarena l’Oratorio festivo incomincia appena aperto l’Ospizio, nello stesso mese di novembre 1872. Col catechismo, con i divertimenti, i giovani della città furono tolti dai pericoli morali e materiali della strada. A Sampierdarena è rimasto il simpatico modo di dire nel popolo. Non dicono: “Vado dai Salesiani, vado all’Oratorio, ma vado da Don Bosco”.

Al principio c’era un solo cortile per collegiali e per esterni … I primi aumentavano di numero e i secondi diminuivano … Il direttore Don Belmonte ne parlò a don Bosco additando, come unica condizione per il rifiorire dell’Oratorio, l’acquisto di un terreno annesso alla casa appartenente ai marchesi Pallavicini Durazzo. Ma i marchesi temendo che don B osco non pagasse non volevano vendere. La massoneria poi aveva aperto un bel ricreatorio festivo con giuochi, teatro, musica. In questo modo, lamentava il direttore, si correva il rischio di perdere la gioventù della città.

Don Bosco rispose con energia: “Tu, don Belmonte, tratta dell’acquisto del terreno col marchese Durazzo e non si guardi al prezzo”.

Ecco l’amore di don Bosco per la gioventù di Sampierdarena!

Storia interessante

Franco De Amicis, grande amico di Don Bosco, fece la proposta alla marchesa Pallavicini Durazzo ma non concluse nulla. Trovò anzi forti prevenzioni contro don Bosco. Intanto alla marchesa capitarono cose poco liete per affari di famiglia. A questo scopo, mandò a chiamare De Amicis in cui aveva molta fiducia. Questi la incoraggiò ad avere pazienza e si permise di suggerirle di vendere a don Bosco la sua proprietà confinante con l’Ospizio.

– Non parlatemi di Don Bosco. –

De Amicis si ritirò. Un giorno incontrando il Santo gli disse:

-Non ne facciamo niente sa!

-Sì, sì – rispose Don Bosco – il contratto si farà ma quando io non ci sarò più; e lei servirà da intermediario.

De Amicis, benché non avesse fiducia ricordò la frase. Frattanto don Bosco cadeva ammalato (dicembre 1887) e De Amicis partì per vederlo e lo trovò assai male. Nel partire disse: “Devo andare a Roma col pellegrinaggio. Mi rincresce lasciarlo perché temo di non rivederlo!

– Vada pure –rispose sorridendo Don Bosco – Stia tranquillo m i vedrà e ed assisterà al mio funerale.

Ritornato a Genova, si presentò alla marchesa che doveva accompagnare a Roma in pellegrinaggio. A Roma, Sua Santità, saputo che venivo da Torino, domandò: “Come sta don Bosco?” Egli diede notizie e il papa mostrò grande interesse. La marchesa ne restò colpita e lo espresse- “Giustamente, Signora marchesa, non mi meraviglio.

Il Papa sa chi è Don Bosco” rispose De Amicis. Questo tornato a Genova, si affrettò per Torino, ove giunse pochi minuti prima che chiudessero la cassa. Poté quindi come gli era stato predetto dal Santo, vederlo, baciargli la mano ancora una volta, assistere al suo funerale.

La villa Pallavicini Durazzo e il terreno attiguo divenne Oratorio

La marchesa che a tutti i tentativi di compra da parte di Don Bosco aveva risposto negativamente, al nuovo direttore dell’Ospizio, Don Marenco, che era andato da lei per trattare a voce della vendita dicendole che da Lei dipendeva l’avvenire dell’Oratorio rispose: “Veda, benché non volessi vendere a Don Bosco, pure capivo che, vendendo ad altri avrei rovinato il suo Ospizio. Non volli vendere a Don B osco, ma neppure l’avrei venduto ad altri … Se mio figlio Giacomo è del parere tenga la cosa per fatta”. Nella marchesa si era operato un cambiamento miracoloso. E una mattina il marchese Marcello chiamò De Amicis e gli disse: “Venga, andiamo a S. Gaetano. Non ho più pace per questo terreno. Saranno capaci di tormentarmi finché vivo, alludendo ad altri che volevano comprare facendo offerte migliori”. Entrati nell’Ospizio incontrarono il Direttore don Marenco che fece loro visitare le scuole, i laboratori. Il Marchese restò contentissimo di tutto. Quindi salirono le scale e si fermarono davanti alla camera di Don Bosco.

-E’ quello là – disse il marchese – il terreno che le fa bisogno?

– Sì, veda dieci metri in qua da quelle colonnine che sorreggono il pergolato. –Sta bene facciamo dunque il contratto. Per 50.000 Lire in rogito.

– Oh, signor Marchese, quanti ringraziamenti!

– Ma, signor Direttore, perché non compra tutto il terreno?

– Certo sarebbe bello; ma bisogna fare il passo secondo la gamba.

– Accetti, accetti – soggiunse il De Amicis. Compri tutto. A Pagare ci peseremo a rate e in vari anni.

– Don Marenco, forse non udì le ultime parole.

Per un istante non vide più e istintivamente si appoggiò alla ringhiera per non venire meno. Il marchese lo contemplava e piangeva. Riavutosi il marchese Marcello continuò:

-Da buoni negozianti dobbiamo trattare gli affari in regola. Quale caparra mi dà? Cui don Marengo, con prontezza di spirito:

– Una sola. Verrò un giorno a fare colazione con Lei a Pegli.

–Benissimo e venga con tutti i suoi giovani.

Una stretta di mano e si divisero. De Amicis, nel salire in carrozza, disse al Marchese:

– Ha fatto un’opera buona consolando i Salesiani. Non le mancheranno le benedizioni del Signore. Don Bosco sarà contento.

– Il marchese fu scosso e pianse.

– Non l’ho mai visto piangere

– Commentava De Amicis

L’11 luglio il contratto fu firmato. Il notaio lesse il contratto. Don Marenco aveva portato le 50.000 Lire. Quando si arrivò al punto delle altre 50.000 da pagarsi ratealmente in dieci anni, il marchese rivolto a Don Marengo: – Di queste ne pagheranno ben poche –disse- ma non importa.

Il contratto fu firmato. Così si avverarono le parole di Don Bosco a Franco De Amicis “Il contratto si farà, quando io non ci sarò più. E Lei sarà intermediario”

Era l’11 luglio 1889!